Tradizioni

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  13 settembre , 2009       giuseppe.rizzo       Tradizioni   
Alessandria del Carretto - La festa della “pita”

Alessandria del Carretto. Questa grande festa l’abbiamo descritta più volte per le pagine culturali
dei quotidiani e per alcune riviste di cultura e tradizioni popolari.
Più o meno, il rituale è sempre lo stesso, ma l’osservatore più scrupoloso annota cose che non ci
sono più, le evoluzioni e i cambiamenti e anche possibili aspetti inediti. Le fasi preparatorie della
“pita” comprendono la scelta e la segnalazione del grosso abete, il martellamento, l’abbattimento, la
pulitura, il trasporto nell’ultima domenica di aprile, l’innalzamento del 3 maggio e i festeggiamenti
del Patrono del paese, Sant’Alessandro martire.
E’ pure da rilevare che lo studioso delle tradizioni popolari, il semiotico, l’antropologo e il
giornalista (non il semplice cronista) vanno sempre in cerca della storia orale, dei segni, dei simboli,
dei momenti ancora da scoprire e da analizzare. Che il lungo tronco simboleggi lo “sposo”, che la
“cimàla” è la vergine sposa e che la festa della “pita” affondi le sue antiche radici nei riti
propiziatori della primavera è quasi scontato. Ma ci sono altri fatti da prendere in considerazione:
quando nel paese si verifica un disturbo, ne risente anche la festa più importante. Purtroppo,
quest’anno, sono accaduti diversi lutti; la comunità alessandrina ne ha subito la sofferenza, quindi ci
sono stati molti assenti, compresi alcuni “pitaioli” e nessun giovane è riuscito a fare la scalata e a
raggiungere il cimàle, carico di doni. Un altro piccolo disturbo l’ha provocato la pioggia: anche
Sant’Alessandro ha dovuto procedere sotto l’ombrello.
A questa festa arriva gente da tutte le parti d’Italia e anche dall’estero. Quest’anno, tra i tanti
arrivati, abbiamo incontrato Romana Barbui, una giovane di Bologna, che aveva sentito parlare
della danza dei pali, ma altre ricerche ci hanno fatto apprendere che una volta, la pita si trasportava
con i buoi, poi un “paricchio” precipitò in un dirupo e gli alessandrini cominciarono col grande
sacrificio del trasporto a spalla. Caratteristico anche quel piccolo abete, detto pitacchjiella, lavorata
a forma di croce e portata nel corteo per chiedere offerte per le spese della festa. Ancora numerosi
gli etnomusicologi e etnofotografi, gli operatori video e sonoro, i giovani che tornano da lontano,
sempre affascinati da questa grande manifestazione popolare e religiosa. Tra i suonatori si
intromette amichevolmente anche un signore della Piana di Cerchiara che percuotendo due cucchiai
metallici, bene s’intona con la zampogna, con l’organetto e col tamburello. Infine, come si può
vedere nelle foto, se prima le donne non potevano entrare nel bosco, oggi le ragazze in jeans aiutano
a trasportare il grosso tronco verso Alessandria; Isabella e altre amiche ci hanno messo tutta la loro
forza, la loro passione, la loro allegria. E se negli anni passati, i circa 80 uomini addetti al trasporto
erano tutti del luogo, oggi trovi anche molti giovani venuti da fuori.
Il prof. Riccardo Michelini sta seguendo questa festa dal punto di vista della semiotica. Tornerà a
settembre per altri approfondimenti. Per la danza dei pali, cercheremo di trovare anche noi qualche
informazione più fondata.

 

 

Le foto sono di Giuseppe Rizzo, Ettore Angiò e Pino Genise
Foto. da 1 a 6: i preparativi
n. 8: la pitacchiella
da 9 a14: i suoni
15-16: i ricercatori
17 e 18: la festa di Sant’Alessandro
19: l’innalzamento della pita
A cura di Giuseppe Rizzo
Impaginazione: Ettore C. Angiò