Home

Articoli

  20 aprile , 2009       piero.devita       Attualità   
Terremoto- Testimonianza di Barbara

Barbara Amendolara, 21 anni, studentessa del secondo anno in Scienze infermieristiche a L’Aquila, ha fatto rientro a casa, a Trebisacce, nella tarda serata di ieri. Nonostante le premure riservatele da mamma Cira, ha ancora negli occhi l’immane tragedia del terremoto. I segni di una notte insonne, vissuta nell’incubo delle continue scosse, sono dipinte sul suo viso e scolpite nella sua mente. Mentre cena, si scuote e chiede alla mamma se ha sentito la scossa. Cira la rassicura: “Siamo a Trebisacce, sei lontana da li”. Il televisore continua a mostrare le immagini del disastro. Barbara non vuole spegnerlo. Ci sono ancora tanti amici a L’Aquila. Racconta che le scosse si susseguono da mesi ormai. Tanto da conviverci anche per le continue rassicurazioni della Protezione civile di L’Aquila. Il racconto della studentessa continua. La sera di domenica, Barbara ospitava nell’appartamentino che divideva con una collega di studi, altre due ragazze ed un ragazzo di Napoli. Dovevano studiare perché lunedì mattina erano tutti impegnati a sostenere un esame. L’appartamento al quarto piano prospiciente la strada principale dell’Aquila è di recente costruzione. I ragazzi sono impegnati a studiare quando, intorno alle 23, avvertono una scossa lunghissima, diversa dalle tante altre a cui pure erano abituati. Ritengono quell’appartamento al quarto piano troppo sensibile alle scosse. Tutto dondola ed il senso dell’insicurezza fa decidere che forse è il caso di spostarsi nell’appartamento di contrada Finette dove, al primo piano, alloggia una delle amiche di Barbara. Con l’auto dello studente napoletano si trasferiscono nella frazione adiacente al capoluogo. Lì riprendono a studiare. E’ notte fonda quando Barbara e altre due colleghe decidono di andare a letto. Uniscono due lettini e, vestite, vi si coricano in tre. Il ragazzo napoletano e l’altra compagna, continuano a studiare. Le 3 e mezza circa. Per il giovane di Napoli che aveva già vissuto l’esperienza drammatica del terremoto in Irpinia, quell’ultima scossa sembrava diversa dalle altre. Entra nella camera da letto e sveglia, urlando, le tre ragazze. Barbara apre gli occhi e vede calcinacci per terra e polvere che si alza dal pavimento. I muri sono già lesionati. Arraffano quel che possono e corrono in strada. La rampa di scala che devono scendere è già danneggiata. Guadagnano l’esterno del fabbricato e, entrando in auto, lo vedono crollare sotto i loro occhi. Altra gente era già in strada, perplessa per la scossa delle 23. Le case cominciano a sgretolarsi, ad accartocciarsi sollevando nubi di polvere. Il panorama cambia aspetto. Tutto è desolazione. Si sentono urla e pianti. In macchina, comincia il giro di telefonate alla ricerca di amiche che abitano la Casa dello studente. I telefonini non suonano. I cinque ragazzi decidono di partire per Napoli, di allontanarsi dalla tragedia. Passano davanti al palazzo di Barbara. E’ danneggiato ma ancora in piedi. Troppo pericolo, però, salire al quarto piano per recuperare gli effetti personali. Poi la telefonata a casa, a Trebisacce e gli zii che partono da Potenza per raggiungere il capoluogo campano e riportarla a casa. Barbara ancora sente le scosse di terremoto.

Franco Maurella