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  08 giugno , 2012       piero.devita       Cultura   
PROF. DI VASTO: I DIALETTI CALABRESI

DIALETTI CALABRESI E LEGGI DI TUTELA

 

di Leonardo Di Vasto (1)




«Il nome del “sole”, hÂlios, i Doriesi lo pronunciano halios»: così scrive Platone nel Cratilo, evidenziando sensibilità linguistica per una forma ‘dialettale’, diversa da quella ‘ionico-attica’. Certo, il filosofo richiamava l’attenzione unicamente sulla pluralità espressiva delle ‘parlate’ elleniche, dette diálektoi, senza alcuno intento valutativo. Del resto, la parola femminile greca diálektos, che attraverso il latino tardo dialectus (Quintiliano), è arrivata a noi, “dialetto”, è composta dalla preposizione diá, ‘reciprocamente”, e légein, “parlare”: pertanto, il significato proprio è “conversazione”. Il mutamento semantico, distorto, avviene durante il Rinascimento italiano, quando s’impone la dicotomia “lingua” / “dialetto” ed è probabilmente frutto di una dicotomia bizantina che vedeva il centro costantinopolitano opposto ad una periferia greca (Sparta e la Scuola di Gemisto Pletone). ‘Lingua’ doveva rappresentare il codice espressivo alto, il polo positivo, ‘dialetto’ quello basso, il polo negativo, secondo una gerarchia socio-linguistica, che per certi versi, tuttora persiste.

Parlare, oggi, di ‘dialetto’, o meglio di ‘dialetti’ significa, nell’attuale alluvione comunicativa determinata dalla tecnologia, con la conseguente omologazione espressiva, affrontare il problema della loro sopravvivenza.

Pare che questo sia l’intento della Giunta Regionale che, su proposta dell’Assessore Regionale alla Cultura Mario Caligiuri, ha approvato, nel mese di febbraio, un progetto di legge sulla valorizzazione del dialetto, la cui bozza è stata approntata da un Comitato Scientifico composto, tra gli altri, dal linguista Tullio De Mauro, personalità di spicco e studioso di indiscussa competenza in ambito linguistico ma che rappresenta, ovviamente, una figura ‘simbolica’, non essendosi mai occupato di dialetti calabresi, se non, appunto, in senso generale.

L’auspicio è che l’iniziativa legislativa possa dare un contributo alla tutela e, come si recita nella proposta, alla “valorizzazione” dei dialetti della Calabria, anche se le leggi non sono sufficienti. Al riguardo, si consideri che la legge del 15 dicembre 1999, n. 482, «Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche», che pure è stato, in Italia, il primo provvedimento legislativo in materia, non ha determinato un impulso consistente alla vitalità delle lingue minoritarie.

Alcune di queste, in Calabria, come il grecanico, sono ridotte al lumicino. Questa “colonia” linguistica - secondo la denominazione dei linguisti dell’Ottocento (Biondelli, Ascoli, Morosi ecc.) -, ubicata nella zona meridionale dell’Aspromonte con i Comuni di Gallicianò, Roghudi, Bova, conta, ormai, una dozzina di locutori con competenza attiva, a giudicare dagli studi di noti dialettologi ellenici, parlanti il grecanico, che più di novant’anni fa, secondo il censimento del 1921, arrivavano a 19.721. Tale varietà alloglotta, pertanto, sopravvive solo nella comunicazione di uno sparuto manipolo di anziani, essendo i giovani, quelli rimasti, conquistati dal linguaggio sciatto e anemico dei media. Ma ora, apprendiamo, da fonti regionali, che i grecanici linguisticamente attivi e con competenza comunicativa sono ‘misteriosamente’ diventati 48.000. Altro che miracolo linguistico!

Nella medesima condizione di notevole decremento del numero dei parlanti si trova la parlata occitana di Guardia Piemontese ove fu diffusa, tra il XIII e il XIV secolo, da coloni valdesi della Val Pellice, che un tempo erano presenti anche in altri centri calabresi come Montalto e Vaccarizzo.

Diversa la situazione della minoranza albanofona non solo per la presenza cospicua di comunità di lingua arbëresh (diciotto nella provincia di Cosenza) e per la sede a Lungro dell’Eparchia che abbraccia la maggior parte degli albanofoni della penisola (esclusi paesi importanti quali Cerzeto e Spezzano Albanese), ma anche per l’attività culturale svolta da Associazioni e da periodici, alcuni dei quali hanno fatto la scelta, da qualche anno, di pubblicare gli articoli bilingui, italiano e arbëresh, e, in particolare, per il lavoro promozionale e scientifico svolto dalla Cattedra di Lingua e cultura albanese dell’Università della Calabria.

Nei confronti di questa articolata realtà linguistica calabrese si auspica che l’approccio della Legge regionale, appena approvata e trasmessa alla Terza Commissione Consiliare, sia quello idoneo alla sua salvaguardia: l’Assessore Caligiuri ha parlato di promozione delle tradizioni culturali e dell’identità dei popoli calabresi. Vedremo come sarà impostata e attuata questa promozione e quali saranno le tradizioni e le identità promosse.

Intanto, è bene ribadire che non si può parlare di “dialetto calabrese” - si può ricorrere a tale espressione in qualche festival, che, come i diversi altri oggi tanto di moda, si presenta magari come incontro socialmente gradevole -, ma, come abbiamo scritto sopra, di “dialetti calabresi”. La scienza dialettologica ha ormai studiato e individuato i diversi tipi dei dialetti calabresi. Già Gerard Rohlfs, nel secolo scorso, parlava di “dialetti”: nel 1966-1967, pubblicò il Vocabolario supplementare dei dialetti delle Tre Calabrie. John B. Trumper, Ordinario di Glottologia e Direttore scientifico del Centro di Lessicologia e Toponomastica Calabrese, Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Unical, ha diviso la Calabria, sulla base di peculiarità linguistiche che chiamiamo eteroglosse (vocalismo, fenomeni sintattici, lessico), in cinque macrogruppi (The Dialects of Italy, Routledge). Siamo cioè in presenza di una frammentazione dialettale, non di un unico dialetto. Se si è consapevoli di questo, si possono intraprendere le iniziative idonee a conoscere la situazione linguistica nella sua complessità e articolazione e prendere, a livello istituzionale, i provvedimenti più efficaci per la tutela del ‘bene’ culturale.

Non è la prima volta che la Regione affronta questo problema. Nel gennaio 2006, è stata proposta una Legge regionale dal Consigliere Salvatore Magarò per istituire un “Osservatorio Linguistico Calabrese”. Quella maggioranza di centro-sinistra insabbiò la proposta, che aveva contenuti innovativi. Si parlava della “creazione di un organismo che si occupi della salvaguardia e dello studio del patrimonio linguistico, nella totalità di aspetti”; di considerare i dialetti e le lingue “sia diacronicamente, nella loro formazione e nella loro evoluzione spazio-temporale, incardinati nel continuum degli eventi storico-politici, che nella loro permanenza, pur con caratteristiche e funzioni profondamente mutate nella società attuale”.

L’art. 1 di quella proposta recita, tra l’altro:

”La Regione Calabria, per esercitare una politica attiva di salvaguardia e di studio delle lingue e dei dialetti, veicolo dell’identità regionale, detta, con la presente Legge, i principi fondamentali dell’azione volta alla realizzazione di una simile politica.

La Regione Calabria, prendendo atto del ruolo che la protezione e lo studio delle varietà locali e delle lingue minoritarie ricoprono nella costruzione di un’Europa fondata sui principi della democrazia e del rispetto per le diversità culturali, intraprende un’azione mirata allo studio ed alla salvaguardia delle varietà locali e delle conoscenze da esse veicolate”.

Pensando agli eventi di criminale intolleranza che hanno funestato, di recente, questa Europa e della quale anche bambini sono stati vittime, si può valutare quanto era lungimirante una Legge che parlava di “un’Europa fondata sui principi della democrazia e del rispetto per le diversità culturali”. Purtroppo, lungimiranti non erano, in gran parte, gli esponenti di quella maggioranza, bocciata, poi, sonoramente dagli elettori calabresi. E buon senso vorrebbe che gli individui responsabili della sonora bocciatura politica togliessero il disturbo per sempre! E che la loro miopia non fosse continuata dai diàdochi di altro colore politico!

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1) Membro del Centro di Lessicologia e Toponomastica Calabrese, Facoltà di Lettere e Filosofia, UNICAL.

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